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6 luglio 2009 1 06 /07 /luglio /2009 19:24

La guerra “Americana” del Vietnam, iniziò alla fine degli anni 50, quando il presidente sudvietnamita Ngô Đình Diệm lanciò una violenta campagna anticomunista tesa a “tagliare fuori” le forze del Viet Minh che premevano per arrivare alle elezioni generali previste dagli accordi di Ginevra, ufficialmente per la paura di brogli, in realtà perché perfettamente conscio della sua impopolarità. Nel tentativo di coinvolgere di americani, raccomandò ai suoi generali di evitare i combattimenti con le forze comuniste ad ogni costo. Hanoi, preoccupata di un intervento americano, ordinò al Viet Minh di ritirarsi nelle zone più inaccessibili del paese, manovra che riuscì senza difficoltà grazie al lassismo delle forze sudvietnamite, il cosiddetto ARVN (Army of the Repubblic of VietNam).

Il supporto americano ebbe inizio nel 1960 con l’arrivo di numerosi contingenti delle Special Forces (all’epoca questa designazione riguardava solo i Green Berets), col compito di supportare le forze sudiste sul campo. Era il periodo degli advisors, noti in Italia come consiglieri militari.

Con gli americani arrivarono gli elicotteri, che dovevano cambiare la natura della battaglia, consentendo all’ARVN di raggiungere in breve praticamente ogni angolo, anche il più remoto e inaccessibile, del paese. E arrivarono i mezzi blindati, contro i quali, i guerriglieri non avevano difesa. All’inizio del 1962 le forze sudvietnamite avevano acquisito sufficiente capacità bellica; l’uso di mezzi blindati e di elicotteri faceva spesso la differenza negli scontri coi male armati guerriglieri, che, sprovvisti di adeguato equipaggiamento anticarro, dovevano lasciare il campo con pesanti perdite. Un piccolo sforzo avrebbe portato il Sud alla vittoria…





La Settima Divisione sudvietnamita era al comando del colonnello Huỳnh Văn Cao, anche se il vero comandante dell’unità era il suo consigliere americano, Tenente Colonnello John Paul Vann. Vann, grazie alla sua abilità tattica, unita a una buona visione strategica e una discreta conoscenza della lingua e dei costumi locali, rese l’unità la migliore dell’esercito sudvietnamita, i suoi successi nella pacificazione delle campagne si contavano con le migliaia di guerriglieri uccisi, e con altre migliaia nascosti nella giungla più profonda senza speranze. Ma gli ufficiali ARVN erano comunque riluttanti ad affrontare il nemico in battaglia, per la paura di subire perdite. Numerose volte, i soldati di Cao si trovarono in buona posizione per attaccare con successo grosse unità di guerrigliere, ma evitarono il contatto con un pretesto o l’altro e permisero ai nemici di sfuggire.



Vann osservava indeciso questo comportamento, il suo tentativo di rendere Cao un comandante aggressivo sul modello americano procedeva a tentoni. Vann non era a conoscenza del fatto che Diệm stesso era contrario a ogni perdita militare e attaccava duramente quegli ufficiali che perdevano troppi uomini in azione, senza badare a quanto successo avete incontrato l’azione stessa, convinto com’era che un tentativo di colpo di stato nel 1960 fosse dovuto alle eccessive perdite fra le truppe impiegate contro i guerriglieri. Era molto più interessato a preservare un esercito forte per proteggere il SUO regime anziché difendere il paese. E così aveva piazzato alle cariche più alte dei suoi fedelissimi, come Cao, che era purtroppo anche un perfetto incapace. Dopo un combattimento che era costato all’ARVN diverse perdite, Cao fu chiamato a Saigon e seccamente rimproverato da Diệm. Al suo ritorno al reparto, ignorò i consigli di Vann e fece ricorso all’eccellente rete di informatori sviluppata da quest’ultimo solo per identificare aree sgombre da guerriglieri dove pianificare “brillanti” azioni militari. Addirittura molte operazioni furono eseguite solo sulla carta, falsificando rapporti di azioni inesistenti e vantando successi mai ottenuti.

Nel 1962, Diệm decise di dividere il comando della zona a sud di Saigon in due: il Terzo Corpo venne ridotto di misura per coprire la zona a nordest della città, e il Quarto Corpo Tattico, creato ex novo di proposito, l’ovest e il sudovest. Cao fu promosso generale e assunse il comando del Quarto, il cui settore operativo copriva anche l’area precedentemente assegnata alla Settima Divisione. Il comando di quest’ultima passò al suo ex capo di stato maggiore, Colonnello Bui Dinh Dam, che confessò a Vann di non sentirsi affatto in grado di coprire quell’incarico ma che era stato costretto ad accettarlo.

Poco prima di Natale del 1962, l’intelligence localizzò una stazione radio Vietcong nei pressi di Tan Thoi, un miglio a nord ovest del villaggio (ap, in lingua vietnamita) di Bac. Si riteneva che una compagnia di circa 120 uomini presidiasse l’area. Vann e Dam pianificarono rapidamente un’azione per distruggere la stazione radio e la compagnia Vietcong.

Il piano prevedeva un attacco su tre direttrici portato dalle forze della Settima coadiuvate da unità regionali (qualcosa di simile alla Guardia Nazionale americana) dirette dal comandante della provincia, Maggiore Lam Quang Tho. Un battaglione di 330 uomini sarebbe stato eliportato a nord di Tan Thoi, mentre altri due battaglioni sarebbero venuti da sud in colonne parallele; 13 APCs M113 con una compagnia di fanteria avrebbero attaccato da ovest, altre due compagnie sarebbero rimaste di riserva. Tutto con in supporto dell’artiglieria e dell’aviazione. La manovra a tenaglia aveva lo scopo di incanalare le forze vietcong su direttrici est-nordest, dove sarebbero state battute dall’artiglieria e dai caccia bombardieri.






Il Vietcong poteva contare su un battaglione di 320 uomini, cui si aggiungevano 30 guerriglieri locali. L’unità era ben equipaggiata, con materiale americano di preda bellica, molti soldati avevano carabine Winchester M1 cal. 7,62, un arma particolarmente adatta al combattimento nella giungla, oltre a fucili Garand M1. In più, ciascuna delle tre compagnie del battaglione disponeva di una mitragliatrice calibro .30, ognuno dei dodici plotoni del battaglione aveva un fucile mitragliatore BAR. In più, disponevano di un mortaio da 60.

Vann consigliò Dam di muovere il più rapidamente possibile, ma quest’ultimo tirò la cosa per le lunghe e solo il 2 Gennaio 1963 l’operazione prese il via. Il Vietcong, nel frattempo, venuto a conoscenza tramite i suoi informatori, della pianificata operazione militare, iniziò a trincerarsi a nord di Tan Thoi e lungo il letto alberato di un torrente che spingeva verso Ap Bac. Le posizioni del Vietcong erano coperte dagli alberi e dalla vegetazione a terra, rendendone difficile l’identificazione sia da terra che dal cielo. Inoltre, il comandante Vietcong poteva disporre delle accurate analisi delle tecniche di combattimento americane e sudvietnamite fornite da Pham Xuan An, un giornalista della Associated Press che lavorava per il governo di Hanoi.

Alle ore 0700L del 7 Gennaio 1963, 10 elicotteri CH21 Shawnee iniziarono il trasporto dei soldati ARVN verso l’area a nord di Tan Thoi. A causa di una densa nebbia, fu possibile compiere un solo viaggio, trasportando una compagnia, il resto delle truppe avrebbe seguito qualche ora più tardi, mentre i soldati sbarcati dovevano tenere la posizione.

Questo ritardo lasciò due battaglioni delle forze regionali provenienti da sud praticamente soli contro il nemico. Alle 0745L, il primo battaglione raggiunse il filare di alberi a sud di Ap Bac, dove i guerriglieri li lasciarono avvicinare tranquillamente prima di aprire il fuoco dalle loro posizioni nell’erba elefante. Un comandante di compagnia fu il primo caduto sudvietnamita, mentre il suo battaglione cercava rifugio dove poteva e passò le due successive ore nel tentativo infruttuoso di aggirare i guerriglieri. Il fuoco dell’artiglieria americana fu mal diretto perché gli ufficiali sudvietnamiti non sporgevano la testa dai loro ripari per dirigere il tiro nel timore di essere colpiti. Alle 1000L fu ferito gravemente anche il comandante di battaglione e ogni manovra fu sospesa.




Il Maggiore Tho, sbarcato a nord di Tan Tho col secondo battaglione, rifiutò di intervenire in soccorso dei commilitoni per paura di perdite, mentre Vann, comprendendo finalmente cosa stava accadendo, ottenne che Dam facesse sbarcare le due compagnie di riserva della Settima in una risaia a ovest di Ap Bac e a nord degli alberi dietro quali avevano preso posizione i guerriglieri. Sulla base dei rapporti radio degli ufficiali ARVN, Vann era convinto, che l’intera forza Vietcong (sottostimata, come abbiamo visto) stesse sparando contro i regolari sudvietnamiti, non sapeva che stava mandando i rinforzi in un’area presidiata da una compagnia di Vietcong, e che le forze che tenevano inchiodati gli ARVN erano della consistenza di un plotone rinforzato.

I CH21s provenienti da nord, scortati da 5 Hueys armati, finirono dunque in mezzo alle truppe comuniste, che aprirono immediatamente il fuoco. Uno Shawnee non riuscì più a prendere il volo dopo avere scaricato le truppe, un secondo elicottero che cercava di soccorrere il primo fu abbattuto. I due equipaggi americani furono infine recuperati da uno Huey per essere abbattuti subito dopo dal fuoco nemico assieme a un terzo CH21, mentre le truppe ARVN cercavano scampo in un canale di irrigazione. Erano le 1030L.

Vann ordinò allo squadrone APC di dirigere su Ap Bac per portare soccorso alle truppe e agli equipaggi degli elicotteri abbattuti. Gli M113 furono bloccati dalle rive troppo ripide dei canali di irrigazione delle risaie, e il Capitano Ly Tong Ba, che comandava lo squadrone APC, temendo perdite fra i suoi uomini se avessero tentato di scendere dai mezzi, rifiutò di proseguire. Vann, che stava sopraggiungendo a bordo di un L19 da osservazione, gli urlò alla radio di andare avanti, ma Ly gli rispose che in quanto ufficiale ARVN rispondeva solo ai suoi superiori e non ad un advisor americano. Nel frattempo, un altro CH21 fu abbattuto, mentre un quinto, danneggiato dovette allontanarsi per fracassarsi poi sulla pista della base. I Vietcong avevano messo fuori uso cinque elicotteri in dieci minuti, se non era un record gli assomigliava molto da vicino.



CH-21 sullo sfondo, in primo piano un UH-1 abbattuti nella risaia.



UH-1



Ancora CH-21 costretti a prendere terra.

Nonostante tutto, il battaglione della Settima proveniente dal lato settentrionale di Tan Thoi, teneva i Vietcong sotto pressione, e a sud di Ap Bac sembrò che si riuscisse a sfondare, grazie anche al costante supporto aereo e di artiglieria, per quanto mal diretto. Piccoli reparti ruppero qua e là, ma i loro comandanti, spaventati dalle perdite subite, rifiutarono di puntare a sud, verso Ap Bac, e ripiegarono su Tan Thoi, dove la situazione era più tranquilla.

Alle 1345L gli APC sbucarono finalmente in vista della risaia a ovest del villaggio, ma ebbero difficoltà a localizzare il remico a causa della densa vegetazione e dell’erba elefante. I Vietcong fecero fuoco sui mezzi, concentrandosi soprattutto sui mitraglieri che sporgevano dal tetto degli M113. Anche il conducente di uno di questi fu ucciso, un altro ferito, perché guidava con la testa fuori dalla botola. In altre occasioni i guerriglieri erano scappati a gambe levate davanti ai mezzi cingolati senza sparare, e ci si aspettava facessero ora lo stesso. Il lato grave della situazione era che mitraglieri e conducenti erano di solito sottufficiali a capo della squadra di soldati trasportata, senza di loro i soldati si rifiutavano di combattere. Lo stesso comandante Ba fu colpito, e tutti i mezzi si fermarono e rifiutarono di proseguire senza di lui.

Benché ferito gravemente, Ba riuscì a riorganizzare lo squadrone e a riprendere l’attacco, ma molto lentamente, perché ora i conducenti superstiti guidavano coi portelli chiusi per non esporsi al fuoco nemico, e non erano stati addestrati a guidare velocemente con gli iposcopi sotto il fuoco. Proprio mentre l’attacco sembrava aver successo, un sergente Vietcong riuscì a guidare i suoi uomini contro i mezzi e a lanciare bombe che non fecero grossi danni ma aggiunsero confusione allo scompiglio che frastornava soldati alla loro prima battaglia campale. Un tentativo di impiegare un carro lanciafiamme fallì perché la gelatina era stata miscelata male e non raggiungeva la densità sufficiente per raggiungere gli alberi dai quali sparavano i Vietcong, a 100 metri circa di distanza. Secondo gli advisors, un reparto americano sarebbe stato in grado di spazzare via quel tipo di resistenza con poche perdite e poco tempo, ma i male addestrati soldati ARVN era un’altra cosa.



Vann a quel punto chiese in rinforzo un battaglione aeroportato ARVN, ma, benché esso potesse essere scaricato in zona entro un’ora, nessuno lo vide arrivare. L’americano chiamò via radio il comando solo per sentirsi dire che non avevano ricevuto nessun ordine da Cao, e allora egli rientrò alla base, dove affrontò il vietnamita a muso duro. Alla fine si decise di seguire gli ordini di Vann, che ripartì col suo aereo per osservare la battaglia. Alla radio apprese poi che Cao aveva ordinato di lanciare i parà nmella risaia, e non dove sarebbero stati necessari, dietro le linee vietcong. Furioso, chiamò Cao alla radio “Voi non volete combattere”, gli urlò, “volete solo fare una parata mentre i VC scappano”, ma non ci fu niente da fare.

L’Ottavo battaglione, lanciato da alcuni C123 e C119 americani, finì quindi nella risaia al tramonto di quel giorno e non poté muovere che l’indomani mattina perché gli ufficiali, temendo come previsto che un combattimento notturno avrebbe comportato troppe perdite, rifiutarono di muovere verso il nemico. Solo a mezzogiorno dell’indomani, i parà di Saigon andarono all’attacco delle posizioni abbandonate dai Vietcong durante la notte. Per giunta fu loro ordinato di tenere la posizione, sebbene Vann insistesse perché dessero, almeno, la caccia ai guerriglieri sfuggiti.

Il Vietcong perse 18 uomini, 39 furono feriti. Le truppe ARVN, dieci volte superiori per numero ed equipaggiate pesantemente e modernamente, soffrirono 80 caduti e 100 feriti, oltre a 3 consiglieri americani uccisi in azione e altri otto feriti. Nove elicotteri e 3 M113 andarono distrutti.




Ap Bac rappresenta una svolta nella guerra del Vietnam. Per la prima volta i guerriglieri comunisti avevano affrontato con successo truppe meccanizzate e supportate da artiglieria e aviazione, che fino a quel momento erano state il loro terrore e solo la paura di subire troppe perdite aveva impedito all’ARVN di schiacciarle. Peggio, Hanoi capì che poteva combattere con successo nel sud e cominciò a pianificare la sua guerra. Pham Xuan An fu decorato per le preziose informazioni fornite che avevano permesso quel significativo successo.

La battaglia segnalò anche un cambiamento di direzione nel coinvolgimento americano. Vann e altri consiglieri sul posto chiesero che i reparti ARVN fossero comandati da ufficiali americani anziché locali, ma quello puzzava di colonialismo, e gli americani lo odiavano. E come l’attività Vietcong aumentò nel 1963 e 64, ci si rese conto che l’unica soluzione possibile era l’invio di reparti combattenti direttamente dagli Stati Uniti.




M-113 ACAV con spaccato (sotto).



Come conseguenza della morte di 14 mitraglieri ARVN degli M113, i mezzi furono modificati con l’aggiunta di scudi a protezione delle armi da .50. successivamente vennero aggiunte due armi da .30 sparanti da portelloni laterali e posteriori ugualmente scudate, dando luogo così a una versione dell’M113 nota come ACAV (Armoured Cavalry Assault Vehicle), tuttora in uso in vari eserciti.



Bibliografia: David M. Toczek, The Battle of Ap Bac, Vietnam They Did Everything but Learn from It Greenwood Press, USA, 2001




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6 luglio 2009 1 06 /07 /luglio /2009 18:41

Nell'estate del 1970, c'erano oltre 450 prigionieri di guerra americani detenuti nel Nord Vietnam, alcuni da più di sei anni, il più lungo periodo di cattività per qualsiasi POW americano. Per di più i rapporti dell’intelligence descrivevano condizioni di detenzione disumane per la fame, la carenza di assistenza medica e, soprattutto, le continue, sistematiche, brutali torture praticate al fine di estorcere dichiarazioni di condanna della politica americana nel Sudest asiatico. I prigionieri si trovavano sparpagliati in una costellazione di piccoli campi nella parte settentrionale del Nord Vietnam, fra Hanoi e i confini del Laos e della Cina.

Il raid a Son Tay fu un’operazione in tre fasi che iniziò il 10 Giugno 1970, quando il generale Earl G Wheeler, capo di Stato Maggiore del Pentagono, autorizzò un gruppo ristretto di lavoro, Polar Circle, a studiare la fattibilità di una incursione nel territorio nemico per soccorrere i prigionieri. Nel Maggio del 1970, le foto dei ricognitori rivelarono l'esistenza di due campi di prigionia a ovest di Hanoi: in quello di Son Tay, 40 chilometri lontano dalla capitale nordvietnamita, fu identificata una enorme K (nel codice dei piloti USAF "veniteci a prendere") disegnata nel terreno, mentre nell'altro campo, Ap Lo, cinquanta chilometri a ovest di Hanoi, le foto mostravano le lettere SAR (per Search and Rescue) disegnate col bucato dei prigionieri, e una freccia col numero 8, indicante la distanza gli uomini dovevano percorrere verso le risaie dove erano costretti a lavorare.




Le immagini raccolte dagli SR71 rivelarono che Son Tay era attivo: il campo era all'aperto, circondato da risaie, ma nelle vicinanze si trovavano la 12a Armata Nordvietnamita, forte di 12.000 uomini, un centro di addestramento dell'artiglieria, scuole militari, un deposito militare e diverse unità contraeree. A rendere le cose più difficili, la base aerea di Phuc Yen era lontana solo trenta chilometri. Sembrava fossero in corso dei lavori di ampliamento delle strutture probabilmente per ospitare altri prigionieri - e guardie.

Il campo vero e proprio era piuttosto piccolo e coperto alla visuale da alberi alti una decina di metri. C'erano solo una linea telefonica (aerea) ed elettrica. I POWs erano ristretti in quattro ampi edifici nel recinto principale, circondati da un muro alto due metri con tre torri di osservazione. Solo un elicottero avrebbe potuto prendere terra all'interno di quel recinto, gli altri avrebbero dovuto eseguire il touchdown al di fuori di esso. Il tempo complicava ulteriormente il problema, le piogge del monsone avrebbero impedito il raid fino ad autunno.

La National Security Agency monitorò per diversi mesi la difesa aerea dell'area utilizzando fra gli altri drones Buffalo Hunters per valutare i tempi di reazione e captare le frequenze di trasmissione da disturbare, mentre gli SR71 si occupavano della ricognizione fotografica. In Luglio, le foto mostrarono attività inferiore alle aspettative, che diventò decisamente nulla a partire dal 3 Ottobre. Mentre Dong Hoi, venticinque chilometri est di Son Tay, era in piena attività. Cosa stava succedendo? Forse i nordisti si erano accorti dell'attenzione americana per il campo e avevano spostato i prigionieri?

Nel frattempo era iniziata a seconda fase dell'operazione. L'8 Agosto 1970, l'ammiraglio Thomas H Moorer, nuovo JCS, designò il generale dell'Air Force LeRoy J Manor come responsabile dell’operazione, e il colonnello Arthur D "Bull" Simons come ufficiale esecutivo. La fase di pianificazione e addestramento della missione, denominata Ivory Coast, fu condotta all’interno della Eglin Air Force Base, Florida con uno staff di 27 uomini.




Ryan Firebee Buffalo Hunter, uno dei primi RPVs.

Simons reclutò 103 volontari fra il personale delle Special Forces (dizione che all’epoca riguardava i soli Green Berets) del Sesto e Settimo Gruppo di Fort Bragg, North Carolina, e mosse con essi verso Eglin. La squadra avrebbe operato sotto il vago titolo di Joint Contingency Task Group (JCTG).

Lo staff stabilì come parametri prioritari per la missione, notturna, tempo sereno, quarto di luna a 35 gradi sull'orizzonte e visibilità eccellente. Furono quindi identificate due finestre di missione: 21-25 Ottobre e 21-25 Novembre. Per l'addestramento fu montata a Eglin una copia in scala 1:1 del campo di Son Tay (che veniva smontata ogni giorno prima del sorgere del sole perché i satelliti spia sovietici non la rilevassero) e un plastico chiamato Barbara per familiarizzare con la struttura. I piloti volarono 1054 ore in 170 missioni di addestramento notturno.




Il generale Manor e il colonnello Simons si incontrarono col comandante della Task Force 77, Ammiraglio Frederick A Bardshar, per mettere a punto con la Marina una diversione che distraesse le forze comuniste durante il raid. Il 24 Settembre, Manor riferì al Segretario alla Difesa Melvin R Laird che il JCTG era pronto per la finestra di Ottobre, ma dopo un incontro alla Casa Bianca col consigliere per la sicurezza Henry A Kissinger, si decise di spostare la missione alla finestra successiva. Il ritardo, pur essendo potenzialmente compromettente per la sicurezza dell'operazione, permetteva tuttavia un maggiore addestramento, e una ulteriore ricognizione sul bersaglio. Fra il 10 e il 17 Novembre successivi, il JCTG mosse in Thailandia, dove cominciò a studiare la missione sul campo. Il tifone Patsy, di passagio in quel periodo, avrebbe causato maltempo per tutta la durata della finestra, ma le condizioni avrebbero potuto essere eccellenti il 20.



La Central Intelligence avvertì che a Son Tay non c'erano più prigionieri, erano stati spostati altrove, ma né i militari né i politici credettero alla Compagnia e il 18 Novembre, il Presidente Richard M Nixon approvò la missione. 56 uomini delle Special Forces vennero selezionati per il raid e raggiunsero la Udon Royal Thai Air Force Base, dalla quale sarebbero partiti. E solo a quel punto seppero esattamente cosa dovevano fare (fino a quel momento si erano addestrati "alla cieca")"Stiamo andando a soccorrere 70 prigionieri di guerra americani, forse più, detenuti in un campo in una località chiamata Son Tay", disse Simons. "Questo è il minimo che qualsiasi prigioniero di guerra americano abbia diritto ad aspettarsi dai suoi commilitoni. Il campo si trova 23 miglia a ovest di Hanoi".

Simons aveva ancora qualcosa da dire. "Andiamo a liberare prigionieri, non a diventarne. Se succede un casino, se sanno che stiamo arrivando, non c'è via di lasciare il Vietnam del Nord a meno che voi non vi siate fatti cucire un paio d'ali sulla schiena. Saremo dalla parte sbagliata del mondo per fare una ritirata strategica o anche solo per scappare a gambe levate. Se c'è una crepa nella sicurezza, non ce lo telefoneranno da Hanoi, lo scopriremo solo quando il secondo o il terzo elicottero saranno atterrati, solo allora ci faranno il culo. Se accade, dobbiamo restare uniti, attestarci sul Song Con (un fiume vicino il campo, nda) e lasciarli venire verso noi attraverso le maledette risaie. E fargli pagare caro ogni dannato metro che faranno per venirci a scannare".




Barbara.


I Green Berets, guidati da un team command and control denominato Gear Box, sarebbero stati organizzati in tre gruppi: Blueboy, con 14 uomini incaricati di assaltare la prigione; Greenleaf, 22 Green Berets guidati da Bull Simons che dovevano far saltare il muro di cinta del carcere e fornire fuoco di copertura agli uomini al suo interno, e Redwine, 20 uomini col compito di coprire i due precedenti gruppi da arrivi improvvisi di truppe comuniste dalla strada per Hanoi.

I 56 commandos avevano ciascuno in dotazione una radio, ed erano pesantemente armati: una pistola a testa, solitamente una versione speciale della .44 o della .357 Magnum, 48 Colt CAR15, 2 M16, 4 lanciagranate M79, 2 trench guns, 4 mitragliatrici M60, oltre a 15 mine Claymore, 11 cariche da demolizione, 213 bombe a mano e tutto il necessario per tagliare cavi, reticolati e abbattere porte.




105 velivoli di vario genere (59 Navy e 46 Air Force) parteciparono all’operazione, 29 dei quali ebbero un ruolo diretto nell'operazione. Vediamoli in dettaglio:

2 MC130 Combat Talon, radio call Cherry 01 e 02 del 7th SOS (1st SOW) come C3 (Gear Box volava su Cherry 01) e illuminazione
1 HC130P, radio call Lime 01 del 1st SOW come tanker per gli elicotteri
5 HH53 Super Jolly, radio call Apple 01-05, del 40th ARRS (3rd ARRG) per il trasporto
1 HH3 Jolly Green, radio call Banana 01, del 37th[sup] ARRS (3[sup]rd ARRG) come trasporto d'assalto
5 A1E Fatface, radio call Peach 01-05, del 1st SOS (56th SOW) per il CAS
10 F4E Phantom II, radio call Falcon 01-10, del 1st SOS (56th SOW) per MIG CAP
5 F105G Wild Weasel, radio call Firebird 01-05, del 6010th WWS (388th TFW), per la soppressione antiaerea





MC-130 Combat Talon.

Alle 2325L del 20 Novembre, gli elicotteri lasciarono la loro base in Thailandia e diressero verso l'obiettivo attraverso il territorio del Laos. Appena passata mezzanotte, gli A1 Sandies e i Combat Talons decollarono dalla Nakhon Phanom Royal Thai Air Force Base. Alle 0123L, mentre la piccola armada era ormai in vista del campo, la Navy lanciò un pesante attacco contro la città portuale di Haiphong: gli aerei, lanciati dalle portaerei Oriskany, Ranger, e Hancock scatenarono il caos necessario come diversione per il raid in corso.





Quasi niente andò per il verso giusto: Banana 01 del maggiore Herb Kalen ebbe problemi a prendere terra all'interno del campo col suo gruppo d'assalto Blueboy. Gli alberi che lo circondavano erano parecchio più alti dei 10 metri stimati, almeno trenta secondo il pilota. "Passammo attraverso quei figli di puttana come un gigantesco taglia erba, tutto vibrava, tenevamo le dita incrociate, ci siamo letteralmente schiantati al suolo", ricorda l'ufficiale. Apple 01, ai comandi del tenente colonnello Warner A Britton, aveva mancato il punto di atterraggio convenuto per evitare gli alberi troppo alti e per la mancata accensione di un bengala dei C130, ed era finito a ridosso di una struttura denominata Secondary School perché si credeva ospitasse i locali di una scuola di artiglieria. Con orrore, Simons e i suoi uomini scoprirono che non si trattava di una scuola, ma di una serie di baracche che brulicavano di soldati nemici: ed essi aprirono un fuoco d'inferno contro gli americani. Bull Simons si infilò nel parapiglia in un fosso dove trovò un soldato nordvietnamita in mutande, livido di paura. Lo abbattè con la sua .357 e proseguì. In pochi minuti i commandos uccisero 100, forse 200 nordvietnamiti facendo detonare contro le loro baracche le cariche da demolizione portate per abbattere il muro di cinta.















L'unico gruppo a non aver avuto problemi era Redwine, agli ordini del tenente colonnello Eliott P Sydnor: atterrato in perfetto orario alle 0220L sulla strada che portava ad Hanoi, aveva potuto eseguire senza interferenze i suoi compiti, tagliando i collegamenti fra il campo e il comando e piazzando un blocco stradale. Nel frattempo Blueboy, guidato dal capitano Richard J Meadows, assaltò il campo e cominciò a cercare le baracche cella per cella, solo per scoprire che erano vuote. Meadows avvertì via radio Simons del fatto, e ricevette ordine di evacuare. Alle 0236L il primo elicottero lasciò Son Tay, seguito da un secondo nove minuti dopo. Il raid era durato in tutto ventisette minuti, nessun soldato americano era caduto in azione, alcuni feriti non gravi e una gamba rotta nell'atterraggio fortunoso di Banana 01 furono tutti i danni riportati dalle Special Forces.





Un'illustrazione di Blueboy. In ginocchio, il capitano Meadows parla in un megafono rivolto ai prigionieri che si riteneva essere nelle baracche per tranquillizzarli



La battaglia era comunque infuriata aspra. Almeno 18 SA2 Guideline furono lanciati contro gli aerei e gli elicotteri americani, uno dei quali colpì un F105G il cui equipaggio dovette eiettarsi sul Laos e fu recuperato dagli elicotteri di ritorno da Son Tay.

Cos'era andato storto? Dov'erano finiti i prigionieri? Più tardi di scoprì che il 14 Luglio erano stato spostati a Dong Hoi, in una struttura denominata Camp Faith. E, non a causa di una crepa nella sicurezza, ma per un problema per così dire idrico: le rive del Song Con stavano cedendo e c'era il rischio che il fiume inondasse il campo. La legge di Murphy, tutto quello che può andare storto state sicuri che andrà storto, aveva colpito ancora.

Fu dunque il raid un fallimento? Secondo gli storici no. La forza di assalto prese il campo e raggiunse i suoi obiettivi. Nessun prigioniero fu soccorso, è vero, ma nessun soldato americano cadde nell'azione. Soprattutto l'operazione mandò un chiaro messaggio ad Hanoi, e quel messaggio diceva che gli americani sapevano del trattamento disumano e degradante cui erano sottoposti i loro prigionieri e che avrebbero fatto ogni sforzo per riportarli a casa. A Dong Hoi, venti chilometri a oriente di Son Tay, i prigionieri americani furono svegliati dal rumore dei combattimenti e capirono che il loro ex campo di prigionia era stato attaccato. Benché coscienti di aver perso il biglietto per tornare a casa, quegli uomini capirono che il loro Paese non li aveva abbandonati. Il loro morale andò alle stelle. E i nordvietnamiti recepirono il messaggio, forse agghiacciati anche dalla constatazione che truppe americane potevano operare indisturbate a così poca distanza dalla loro capitale.




Un F-105G Wild Weasel impiegato nell'operazione.

Il raid di Son Tay diede il via a piccoli ma importanti cambiamenti. Tutti i prigionieri americani furono concentrati ad Hanoi, uomini che avevano passato anni in solitudine si ritrovarono circondati di loro camerati. Il trattamento migliorò, la tortura non fu più praticata, fu addirittura ordinato alla milizia di proteggere i piloti americani abbattuti dai maltrattamenti da parte dei contadini, fu permesso di ricevere pacchi e corrispondenza da casa e scrivere a casa, come previsto dalla Convenzione di Ginevra.

Dal punto di vista dei prigionieri di guerra americani, il raid di Son Tay fu dunque un successo.




In volo per Son Tay. Notare il fucile a pompa in primo piano.





Redwine





Il capitano Richard J. Meadows.



Gli uomini di Kingpin:

Col Arthur D. "Bull" Simons, USA, Son Tay Raider
LTCOL Keith R. Grimes, U.S.A.F, Son Tay Planner
LTC Gerald Kilburn, USA, Son Tay Support Element
Col William Dave Burroughs, U.S.A.F. Son Tay POW
SSGT Earl D. Parks, U.S.A.F., Loadmaster, "Cherry 1"
LTCOL Richard S. Skeels, U.S.A.F., "Peach 3"
MSG David A. Lawhon, Jr., USA, Son Tay Raider
MAJ Richard "Dick" Meadows, USA, Son Tay Raider
Col John H. "Howie" Dunn, U.S.M.C., Son Tay POW
LTCOL William J. Starkey, U.S.A.F., "Firebird 3" - F-105
CWO4 John W. Frederick, U.S.M.C., Son Tay POW
CAPT Edward A. Brudno, U.S.A.F., Son Tay POW
LTCOL Charles P. McNeff, U.S.A.F., Navigator, "Lime 1"
TSGT Billy Joe Elliston, U.S.A.F., Loadmaster, "Cherry 2"
TSGT James M. Shepard, U.S.A.F., Loadmaster, "Cherry 1"
MSG Aaron L. Tolson, Jr., USA, Son Tay Support Element
Col Donald Kilgus, Firebird 5, F-105
SGT Marshell A. Thomas, USA, Son Tay Raider
Capt William M. McGeorge, U.S.A.F "Apple 5"
Maj Alfred C. Montrem, U.S.A.F., Co-pilot, "Apple 1"
TSGT Lawrence Wellington, U.S.A.F., Crew Member "Apple 4"
CSM Billy K. Moore, USA, Son Tay Raider
Col Richard (Dick) Dutton U.S.A.F., Son Tay POW
MSGT Harold W. Harvey, U.S.A.F., Pararescueman,"Apple 1"
Col Norman H. Frisbie, U.S.A.F., Chief Son Tay Planner
Col John Forrester, U.S.A.F., EWO, "Firebird 1," F-105
TSGT Leroy M. Wright, U.S.A.F., Flight Engineer, "Banana 1" HH-3
MSG Jesse A. Black, USA, Son Tay Planning Group
Col James V. Bailey, USA, Son Tay Planning Group
LTCOL Mel Bunn, U.S.A.F., "Peach 4"
Mr. Ben Schemmer, a great friend and supporter of the Son Tay Raid association
LTC Bill Robinson, USA, Son Tay Support Element
TSGT Paul E. Stierwalt, U.S.A.F., Radio Operator, "Cherry 2"
Lt Col Cecil M. Clark, U.S.A.F., Son Tay Planner
MSG William L. Tapley, USA, Son Tay Raider
SFC Bruce M. Hughes, USA, Son Tay Support Element
MAJ Harry L. Pannill, USAF, Copilot, "Cherry 2"
MSG Donald D. Blackard, USA, Son Tay Raider, "Redwine"
SGM Donald M. Davis, USA, Son Tay Raider, Feasibility Study Group
Col Warner A. Britton, U.S.A.F, Pilot, "Apple1"
SSGT Aron Paul Hodges, S.S.A.F, Flight Engineer, "Apple 1"
Lt. Col Russell E. Temperley, U.S.A.F., Son Tay POW
MAJ James "Bob" Gochnauer, U.S.A.F., Pilot, "Peach 2"
CSM Galen "Pappy" Kittleson, USA, Son Tay Raider "Blue Boy"
MSgt Gary T. Igo, USAF, Flight Engineer, EC-121, "Frog One"
MAJ Boyd F. Morris USA, Ivory Coast, Supply Officer
Col Irby David "Dave" Terrell, Jr. USAF, Son Tay POW
MSgt Leslie G. Tolman, USAF, Loadmaster, "Cherry 1"
CSM Marion S. Howell, USA, Son Tay Raider "Redwine"





Bull Simons festeggiato in patria.



BIBLIOGRAFIA:
Benjamin F. Schemmer The Raid (Harper & Rowe, 1976);
Jeffrey D.Glasser The Secret Vietnam War: The United States Air Force in Thailand, 1961­-1975 (McFarland & Company);
Dale Andradé Bring our POWs Back Alive Vietnam Magazine, Febbraio 1990;
John L. Plaster SOG - The Secret Wars of American Commandos in Vietnam (Simon & Schuster, 1997).







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